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Polifonia d’impresa

Tratto dal testo integrale di Francesco D’Alessio

Coi piedi in terra: i Badoni massari a Vincanino

L’avventura imprenditoriale dei Badoni inizia negli anni Trenta del Seicento a S. Giovanni alla Castagna in località Vincanino, vasta e lussureggiante tenuta della famiglia Serponti che soleva affidarla in gestione ad abili massari. Un ruolo presto assunto da Maestro Giacomo Badoni (circa 1676-1751) e dai figli avuti da Caterina Valsoni (discendente di esausto casato mercantile di ferrarezze) che gestirono solidarmente la proprietà fino al 1768, attivando un virtuoso circolo moltiplicativo del loro modesto patrimonio. In questo furono agevolati dalla cospicua eredità dello zio materno Giovanni Battista Valsoni (†1745), ricco commerciante naturalizzato veneziano. I Badoni avviarono così molteplici intraprese – commercio di prodotti agricoli e alimentari, bottega da calzolaio, produzione d’olio d’oliva e di noce e non ultima la gelsibachicoltura – coalizzandosi in solida fraterna che loro stessi datarono, negli atti di un’inchiesta napoleonica dedicata all’economia del Lecchese, al 1760. Era ancora presto per la “vocazione” metallurgica.

Nella fraterna assunse presto un ruolo di primo piano Vittore (1719-1777) che, dopo la morte del fratello sacerdote Giuseppe (†1745), vero deus ex machina della famiglia, prese le redini degli interessi familiari. Scomparve nel 1777 e con lui si spense la fraterna foriera di buoni guadagni. Non per questo si sopì la “fiamma imprenditoriale” dei Badoni, ravvivata dagli eredi di Vittore che si trasferirono in una propria casa in località Castagna, a poca distanza da Vincanino che lasciarono definitivamente attorno al 1782.

Fu l’inizio di un nuovo capitolo familiare che accelerò l’ingresso dei Badoni nel solido e geloso mondo imprenditoriale lecchese.

Un’impresa, quattro mogli

Il trasferimento nella casa della Castagna accompagnò simbolicamente lo sviluppo dell’assetto familiare dei Badoni, rivelatosi forte impalcatura per le loro strategie economiche. Così dal 1787 il figlio maggiore di Vittore, Giacomo (1744-1825), fu nominato parroco di Rancio, carica che lo rese ponte e cerniera tra i Badoni e gli esponenti di diverse dinastie metallurgiche e seriche della Valle del Gerenzone. La famiglia era in quel momento in capo al fratello Giuseppe (1754-1819), vero capostipite dell’avventura metallurgica dei Badoni, anche se, fino al primo Ottocento, i suoi interessi principali restarono il commercio serico e quello alimentare.

I legami matrimoniali da lui contratti riflettono e rispecchiano le sue strategie d’impresa: si sposò quattro volte con donne che a diverso titolo portarono in dote un interessante ventaglio di relazioni sociali. La prima moglie, Anna Maria Bellaviti, morì trentenne nel 1783 lasciandogli un solo figlio, Carlo, futuro padre del ragioniere Giuseppe. Seguì il matrimonio con Angela figlia di Nicola Barone, ricco commerciante di ferro di origini laorchesi; e a seguire con Giovanna Alippi di Lierna (1761-1806), erede di discreto patrimonio.

L’affare Barone (1798): prologo di una vocazione “di ferro”

Fino al chiudersi del Settecento i Badoni restarono impegnati localmente in commerci agricoli, serici e alimentari di discreta entità. La “conversione” al ferro cominciò a manifestarsi nel 1785, quando, con il secondo matrimonio, Giuseppe divenne cognato di Carlo Barone (1756-1798), titolare di avviato commercio metallurgico. I due entrarono presto in sintonia e il primo di loro fu presto coinvolto negli affari dell’altro, sovvenzionandogli capitali personali. Carlo Baroni morì nel 1798 lasciando a sorpresa suo erede universale l’Ospedale Maggiore di Milano. Badoni, interessato a subentrare nell’attività del defunto cognato (comprensiva di quote d’uso nella fucina grossa della Castagna), mise in campo argute motivazioni che convinsero il nosocomio a cedergliela nello stesso anno.

Il 1798 è dunque l’anno in cui i Badoni, eccellenti “movieri” di capitali, esordirono ufficialmente nel “mondo del ferro” pur restando ancora importante il loro impegno serico che veicolò il matrimonio di Giuseppe con Rosa Butti, figlia di ricco filatoiere di Valmadrera; e in seguito quello del nipote ragioniere Giuseppe con Marietta Gavazzi di Valmadrera. Nel 1806 Giuseppe sciolse la collaborazione che aveva mantenuto con i fratelli: lo scioglimento della fraterna segnò l’inizio del suo proficuo sodalizio con il figlio Carlo (1780-1846).

Fulcro della loro attività era il caseggiato alla Cima di Rancio, in seguito ampliato dal ragioniere Giuseppe Badoni con grande filatoio dato in affitto a terzi.

Di padre in figlio: la “restaurazione” dell’attività

Giuseppe gestiva “differenti negozi sempre assistito […] anche dal di lui figlio Signor Carlo”. Una gratitudine tradotta nella cessione da Giuseppe allo stesso Carlo, nel 1818, di tutti i beni familiari inclusa l’attività commerciale (sotto la ragione sociale “Giuseppe Badoni fu Vittore”) definitivamente orientata dopo la Restaurazione al settore metallurgico. Fu Carlo ad ampliare il “parco” stabilimenti acquisendo gli opifici ex Fondra di Somana (1820) e quelli ex Pernice in località Arlenico a Castello (1824), quest’ultimi gestiti in un primo tempo assieme a Francesco Gattinoni. Carlo riservò molta attenzione anche al reperimento di ulteriori quote d’uso nelle fucine grosse consorziali della Valle del Gerenzone. Il “testimone” passò presto al figlio ragioniere Giuseppe (1807-1877) che, anche con la consulenza di Giorgio Enrico Falck, aggiornò gradualmente gli impianti paterni alle novità tecnologiche che aveva visto e appreso durante un viaggio di formazione all’estero. Ne fu traguardo lo stabilimento di Bellano (1851) concessogli in locazione dai cognati Gavazzi e dove, per la prima volta in Italia, si lavoravano lamiere di grandi dimensioni. Grazie anche a cospicua eredità di uno zio materno, Giuseppe poté investire non solo nel miglioramento tecnologico dei propri impianti, ma anche nell’acquisizione di una proprietà che fosse simbolo del suo traguardo di status.

Nel dicembre del 1841 acquistò dagli Stampa di Soncino la loro pollachiana casa di villeggiatura di Castello sopra Lecco, da quel momento divenuta residenza della famiglia Badoni. Nella vasta area pertinenziale Giuseppe eresse, tra il 1842 e il 1844, un vasto opificio dalle forme goticheggianti, una “cattedrale” di progresso e civiltà. Con la costituzione nel 1856 della ditta “Giuseppe Badoni e C.”, la polifonia d’impresa dei Badoni lasciò definitivamente spazio a un florido assolo metallurgico, generatore di una lunga sinfonia industriale. Ne furono direttori oltre al figlio di Giuseppe, Antonio Badoni (1839-1892), anche e soprattutto il figlio di quest’ultimo,  Ing. Giuseppe Riccardo Badoni (1882-1974).

Carlo Badoni 1780_1846

Nato a Vincanino di S. Giovanni alla Castagna il 4 ottobre 1780 
Morto a S. Giovanni alla Castagna il 12 luglio 1846

Ultimo della famiglia a vedere la luce nella tenuta Serponti di Vincanino dove i Badoni furono massari per un secolo e mezzo, Carlo nacque da Giuseppe (1754-1819) e da Anna Maria Bellavite (†1783). Il padre, interessato in diverse attività (commercio agricolo e alimentare, gelsibachicoltura) rileva nel 1798 l’avviata attività fucinale del cognato Carlo Barone (fratello della seconda moglie, Angela Barone) dando inizio alla “conversione” metallurgica dei Badoni.

Nel 1818 Giuseppe cede al figlio Carlo tutti i suoi beni inclusa l’attività che fino al 1856 rimase sotto la ragione “Giuseppe Badoni fu Vittore”.

Dopo la Restaurazione Carlo sceglie di dedicare gli interessi dell’azienda esclusivamente alla metallurgia. All’officina rilevata dall’eredità Barone aggiunge l’impianto di Somana (1820) e l’opificio di Arlenico a Castello sopra Lecco, preso in gestione dal 1824 insieme al socio Francesco Gattinoni che tra il 1829 e il 1834 fece cessione delle proprie quote al solo Carlo Badoni.

Le magre miniere della Valsassina si andavano nel frattempo esaurendo e il ferro prodotto non bastava più al fabbisogno delle fucine di Lecco. I forni dovevano quindi provvedere a fondere non solo la ghisa ma anche i rottami provenienti dalle province lombardo-venete e dai porti di mare.

Anche allora l’importazione di rottami era soggetta a licenza e le varie richieste firmate da Carlo Badoni, in quantità progressivamente crescente (quattrocento quintali nel 1831, mille nel 1832 e duemila nel 1834), testimoniano il crescente sviluppo dell’azienda in quegli anni.

Carlo Badoni sposò Rosa Butti, figlia di importante filandiere oriundo di Valmadrera e da lei ebbe quattro figli: il futuro ragioniere Giuseppe (1807-1877), Marianna (1809-1880), Ambrogina (n. 1813) e Felicita (1816-1876).

Giuseppe Badoni

1807_1877

Nato alla Cima di Rancio il 19 giugno 1807
Morto a Castello sopra Lecco il 12 maggio 1877

Si deve a Giuseppe Badoni il deciso impulso all’attività familiare, con l’introduzione di nuovi metodi per la lavorazione del ferro appresi all’estero e con la ristrutturazione o creazione di stabilimenti a Somana, Arlenico, Castello (corso Matteotti) e Bellano. Opifici che agivano in sinergia e che, per le novità tecnologiche e all’intelligente organizzazione, renderanno la ditta di importanza nazionale.

Dapprima Giuseppe si dedica al rimodernamento della fucina di Arlenico che il padre Carlo aveva gradualmente acquistato. I primi miglioramenti da lui introdotti nel campo della lavorazione del filo di ferro consistettero nel trasformare l’improba fatica manuale in una lavorazione meccanica.

Introdusse nella fabbricazione dei chiodi l’impiego di nuove macchine che permisero di sestuplicare la produzione giornaliera pro capite da cinquemila a trentamila chiodetti.

Dopo i moti del 1848 si aprì il periodo più denso dell’attività industriale di Giuseppe Badoni che, con le sostanziali innovazioni introdotte prima nei due stabilimenti di Lecco, poi nel nuovo laminatoio di Bellano ed infine nello stabilimento di Somana (Mandello), si troverà in pochi anni a capo di una delle più importanti aziende italiane, sia per la quantità, sia per la qualità dell’acciaio prodotto.

Creata nel 1856 la società “Badoni Giuseppe e C.” e valendosi della collaborazione tecnica dell’ingegnere Giorgio Enrico Falck, cui affiderà lo stabilimento di Bellano, si accinge subito a progettare riforme.

Fu inoltre consigliere comunale di Lecco e di Milano, consigliere provinciale della provincia di Como, presidente della Camera di Commercio di Lecco, membro della camera di Commercio di Milano, membro della Camera dei Deputati nella IX Legislatura.

Negli ultimi anni della sua vita Giuseppe Badoni cedette la direzione dell’azienda ai figli Carlo, Antonio, Riccardo e Rosa nati dalle nozze con Marietta Gavazzi di Valmadrera (celebrate il 17 maggio 1835) cresciuti seguendo gli studi voluti dal padre, con larghezza di vedute e di mezzi.

A riconoscimento dei suoi meriti civili e industriali Giuseppe Badoni fu insignito di varie onorificenze: medaglia d’oro per l’Industriale (alla persona), 1855; medaglia di seconda classe all’esposizione universale di Parigi (alla sua ditta), 1855; nomina a Cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro (1860).

Antonio Badoni

1839_1892

Nato a S. Giovanni alla Castagna il 10 aprile 1839
Morto a Castello sopra Lecco il 1 aprile 1892

Giuseppe Badoni aveva ricostituito nel 1866 una nuova società e affidò al figlio Antonio, ingegnere, la direzione delle officine. Antonio, forte degli studi e dell’ampia pratica fatta all’estero, intelligente ed energico seppe ridare allo stabilimento nuovo lustro e solida rinomanza. Nello stabilimento di Castello sopra Lecco, affiancato alla fonderia ed al laminatoio, funzionava, ancora vivente il padre e cioè prima del 1877, un importante settore per la costruzione di ponti, tettoie, materiali ferroviari, impianti idraulici in genere ed impianti di officine a gas, con lo sfruttamento di brevetti esteri (Enrico Kraus di Magnoza, in esclusiva con Langen e Bertarelli dal 1875). Specialmente a questi ultimi impianti si dedicarono intensamente i fratelli Carlo e Antonio e la prima officina a gas fu quella costruita a Lecco nel 1870.

Nel 1878, un anno dopo la morte del padre, Carlo e Antonio Badoni costituirono la società “C. A. Fratelli Badoni”, capitale ventimila lire versato in parti uguali. Carlo aveva sposato la lecchese Angela Ongania (1845-1927); Antonio invece Laura Cologna (1853-1888) oriunda di Chiari. Nel 1888, anno in cui morì Carlo la società venne sciolta. Ai figli di Carlo andarono lo stabilimento di Arlenico, quello di Somana ed altri fondi; ad Antonio rimase la casa di Castello, i terreni e lo stabilimento annesso. Alla morte del fratello Carlo, Antonio continuò la direzione della ditta che da allora si chiamò: “Stabilimento Meccanico con Fonderia e Laminatoio pel ferro di Antonio Badoni – Lecco”. Purtroppo l’inesorabile malattia che gli aveva già tolto moglie e figlie e che nel giro di pochi anni doveva ancora infierire duramente sulla famiglia, troncò la sua esistenza a soli 53 anni, nell’ aprile del 1892.

Alla sua morte il fratello Riccardo (1844-1897), che esercitava la libera professione di architetto, divenne tutore dei figli di Antonio e amministratore della ditta della quel era già stato nominato procuratore generale pochi giorni prima della scomparsa dello stesso Antonio. Dei figli di Antonio restavano solo Rosa e Giuseppe Riccardo di 18 e 17 anni.  Si deve alla cura energica e oculata della zia Rosa Badoni sposata Gattinoni, che si dedicò agli orfani come una madre, la salvezza di questi due giovani.

 

Le biografie sono tratte da:

Note per la storia della Famiglia e della Ditta Badoni redatte in occasione delle celebrazioni  “Italia ‘61” a Torino in commemorazione del Centenario dell’Unità 1861-1961